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La chiusura delle chiese

chiesa e chiese

La chiusura delle chiese

Già la nostra grettezza, la nostra paura dei furti, la nostra indisponibilità a esserci ne aveva chiuse molte e per molte ore e giorni la settimana. Poi il covid le ha chiuse tutte anche la domenica. E noi, fedeli cultori del precetto festivo, ci siamo trovati orfani.  Ma fede, speranza e amore sono forze propulsive potenti. Così, presto e in maniera diffusa, si sono attivati luoghi di maturazione della fede attraverso canali e con modalità inediti.  Dopo un breve disorientamento, persone e gruppi accomunati da sensibilità e  aspirazioni convergenti si sono compattati.  Il web è diventato uno strumento comunicativo capace di moltiplicare la condivisione di riflessioni, meditazioni, letture, aspirazioni, preghiere.

Ciascuno, che avesse a cuore la cura del proprio spirito (fede, interiorità, autenticità, ..), ha avuto modo di sperimentare vie concrete di vicinanza, pur nella distanza fisica. E la domenica ha potuto diventare non più o non solo il giorno in cui assolvere ad un obbligo di presenza e di partecipazione ad un rito sacramentale, ma soprattutto un giorno del Signore vissuto nell’ascolto di molte voci, a partire dalla Parola, nella vicinanza spirituale a tutti i fratelli di fede e di umanità e in un digiuno eucaristico capace di far maturare una comprensione più ampia e forse più autentica dell’evangelico “Fate questo in memoria di me.”

In un’ottica di esplorazione delle possibilità di conversione offerte dalle circostanze, e tenuto conto della nostra età, Giorgio ed io abbiamo così deciso di rinunciare alla messa domenicale fino a settembre, indipendentemente dalle indicazioni istituzionali sia politiche che religiose. Di domenica in domenica e con l’aiuto di diversi supporti (in primis le riflessioni domenicali sul sito CDM) abbiamo messo a punto una celebrazione domestica del giorno del Signore che si è evoluta e ci ha fatto evolvere positivamente.

La settimana scorsa però, in trasferta per qualche giorno di cambio d’aria, abbiamo deciso di partecipare ad una messa prefestiva in un piccolo paese.  Eravamo una ventina di persone raccolte non da una fede comune ma dal comune bisogno di perpetuare un rito. Infatti di questo si è trattato: celebrante girato verso l’altare, quasi tutte la parti della messa cantate, letture fatte da alcuni dei fedeli presenti cooptati, spiegazione delle letture non troppo lunga, ineccepibile sia dal punto di vista della forma che del contenuto, annuncio fatto dal parroco a fine messa che dal prossimo sei settembre prenderà servizio in un’altra parrocchia e sarà sostituito da un nuovo parroco, il tutto con mascherine, igienizzazioni e distanziamenti adeguati.

Si è trattato di qualcosa di talmente impeccabile e disincarnato da farmi percepire questa celebrazione come la recita anonima di un copione.  Mi è venuto da piangere e avrei voluto star lì un poco a macinare l’emozione ma ho dovuto uscire in fretta perché si chiudeva.

Domenica prossima tornerò al Santuario dell’Annunziata di Chieri, nella comunità di riferimento che frequentiamo fedelmente da anni. Sono un po’ emozionata e incerta e sto cercando di prepararmi a discernere ciò che, in questo contesto, contribuisce ad una comunità che mi accoglie e quello che invece mi lascia o mi spinge ai margini nonostante le migliori intenzioni mie e altrui.  Così forse riuscirò a misurare meglio le carenze della mia capacità di accoglienza e di partecipazione.

A presto.

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