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Chi siamo La Confraternita della Misericordia (CDM) nasce nel 1577 con le funzioni di una moderna Conferenza di S. Vincenzo. e dal 1678 il Santuario dell'Annunziata è sotto la sua cura e custodia. Ad oggi conta su 150 iscritti e attraverso la formazione di Gruppi di Volontariato è operativa sul territorio chierese a favore della Comunità.
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“Il Comandamento nuovo”

“Il Comandamento nuovo”

Dal libro del Siracide

Sir 27, 33 – 28, 9 (NV) [gr. 27, 30 – 28, 7]

Rancore e ira sono cose orribili,
e il peccatore le porta dentro.

Chi si vendica subirà la vendetta del Signore,
il quale tiene sempre presenti i suoi peccati.
Perdona l’offesa al tuo prossimo
e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.
Un uomo che resta in collera verso un altro uomo,
come può chiedere la guarigione al Signore?
Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile,
come può supplicare per i propri peccati?
Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore,
come può ottenere il perdono di Dio?
Chi espierà per i suoi peccati?
Ricòrdati della fine e smetti di odiare,
della dissoluzione e della morte e resta fedele
ai comandamenti.
Ricorda i precetti e non odiare il prossimo,
l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 14,7-9

Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore.Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.
Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,21-35

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi.
Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Una parabola da prendere con le molle e soprattutto da inserire molto bene nel suo contesto storico e culturale. Matteo scrive qualche anno dopo un avvenimento, che aveva profondamente scosso l’opinione pubblica internazionale. Nel 70 Gerusalemme era stata rasa al suolo dai romani: non solo, gli ebrei erano stati cacciati dalla Palestina sotto pena di morte e addirittura cancellato il nome della città, non più Gerusalemme ma Aelia Capitolina. Era chiaramente il tentativo di annientare per sempre il popolo ebraico. Quando Matteo scrive l’emozione era ancora molto forte e questa parabola è stata scritta di getto, sotto la spinta emotiva del momento. Dunque la minaccia degli ebrei non esiste più per i cristiani. Per decenni la sinagoga ebraica aveva condotto una guerra spietata contro i cristiani. Gesù, ma poi Stefano, l’apostolo Giacomo e tanti altri: molto sangue cristiano era stato versato dalla sinagoga, si era macchiata di gravi delitti.
La sinagoga è il grande debitore.

Anche i cristiani hanno avuto le loro colpe, hanno reagito con la violenza, non hanno porto l’altra guancia come voleva Gesù, ecco il piccolo debitore.   Il Padre era disposto a perdonare le colpe degli ebrei, ma quando ha visto la loro durezza nei confronti dei cristiani la sua collera si è scatenata e gli ebrei sono stati annientati.  Le mura fumanti di Gerusalemme sono ancora lì a riprova.

Questa parabola è stata scritta a caldo, da chi per decenni ha subito violenza ed ora finalmente tira il fiato.  Ma non è la rivalsa dei cristiani verso gli ebrei: se la leggete attentamente, nessuno si rallegra perché il grande debitore è stato punito, la nota dominante di tutta la parabola è la tristezza per l’accaduto.  Gesù aveva raccontato questa parabola in tutt’altro contesto; che cosa ne pensava?  Gesù non era un illuso sognatore. Sapeva benissimo come sono fatti gli uomini e non credeva affatto nella possibilità di una società perfetta formata solo da giusti.  Sapeva che ci sono i giusti e i malvagi, ma sapeva anche che nessuno è così giusto da non commettere mai nessun male e nessuno è così malvagio, da non fare mai qualcosa di bene.  Gesù sperava che in un mondo dove tutti dal più al meno zoppicano, cadono e si rialzano, nessuno avesse il diritto di scagliare la prima pietra.

La violenza è in mezzo a noi, su questo non ci sono dubbi, ma lo è sempre stata; la storia dell’uomo è una storia di violenza. Noi forse abbiamo una marcia in più rispetto ai nostri avi. Vent’anni fa, durante un pellegrinaggio che questo santuario aveva fatto al campo di sterminio di Mauthausen in occasione del Giubileo, tutti eravamo stati impressionati da quanto avevamo visto e udito raccontare. C’era un grande scalone di pietra scavato nella montagna per estrarre il granito.

I deportati scendevano nella cava e poi risalivano carichi di blocchi di pietra. Uno dei divertimenti dei soldati nazisti era quello di far cadere all’indietro uno dei malcapitati in modo da trascinare nella caduta tutti gli altri, schiacciati dai massi di granito che trasportavano, tra le risate dei militari e qualche foto-ricordo.  La violenza gratuita, la stupidità assoluta. Come quella di chi dà fuoco al barbone addormentato sulla panchina, quella di chi incendia una foresta, di chi prende a coltellate il primo che passa, di chi si diverte a tirare sassi da un cavalcavia o a tormentare un disabile, che non può difendersi. La stupidità allo stato puro, un prodotto della non-famiglia, della non- scuola, del non-stato, del degrado ambientale e sociale; ma anche di agenzie, che della stupidità hanno fatto il loro marchio.  Giornalisti che scavano come vermi nel dolore altrui, incapaci di tacere, capacissimi però di blaterare in pettegolezzi senza fine; un mondo dello spettacolo in continua celebrazione di se stesso; reti televisive infarcite di film, i cui protagonisti sono solo le armi, i supereroi e i supercampioni, per ricordare a tutti che in fondo è sempre Baffone a condurre il gioco. E poi social senza controllo, videogiochi e quant’altro. Evitiamo di stracciarci le vesti di fronte all’ennesimo episodio di violenza, perché la stiamo coltivando con cura.

Per tornare alla parabola, il grande debitore è stato condannato non per i suoi debiti ma per non avere  avuto pietà di chi era peccatore come lui.  La pietà è l’indicatore della nostra dimensione umana.  Possiamo commuoversi per un attimo di fronte alla sofferenza di qualcuno, possiamo fare una fiaccolata, pregare, andare in processione, fare una grande manifestazione in favore di, ma se questa pietà non entra nel profondo del nostro spirito a dare un senso al nostro pensare e al nostro agire di tutti i giorni, le dure parole della parabola pesano anche su di noi.

 

Vieni in nostro aiuto, Signore, Dio di misericordia e di perdono.

Rispondiamo insieme: ascoltaci, Signore.

Ti preghiamo, Signore, per noi peccatori, che abbiamo bisogno del tuo perdono. Ti chiediamo di rimettere i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. La tua misericordia ci aiuti a diventare misericordiosi.   Noi ti preghiamo.

Ti preghiamo per i nostri fratelli ebrei con cui condividiamo un immenso tesoro dello spirito, ma verso i quali abbiamo anche dei debiti gravi. Aiutaci a fare pace con il nostro passato e a costruire insieme una strada di rispetto e di dialogo.   Noi ti preghiamo.

Ti preghiamo per la Chiesa che hai posto nel mondo come segno della tua misericordia. Fa che abbia parole di riconciliazione piuttosto che di condanna, e che le pecore perdute possano tornare a te.   Noi ti preghiamo.

Ti preghiamo per questo nostro tempo inquieto, agitato da tensioni, antagonismi e competizioni di ogni genere. Aiuta tutti noi a maturare un equilibrio di giudizio, un pensiero saggio, per trovare un po’ di verità nelle intricate questioni in cui viviamo.   Noi ti preghiamo.

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O Dio, luce vera ai nostri passi è la tua parola, gioia e pace ai nostri cuori; fa che illuminati dallo Spirito l’accogliamo con fede viva, per scorgere nel buio delle vicende umane i segni della tua presenza.

 

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