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“Il salto nel buio”

“Il salto nel buio”

Lettura di riferimento:

2 Mac 7,1-2.9-14

In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».
[E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».

Riflessioni:

Nel 2° libro dei Maccabei affiora in modo chiaro ciò che da tempo stava prendendo forma nella spiritualità ebraica, l’idea di una vita nell’aldilà. Gli ebrei avevano una idea molto confusa sull’ aldilà: i morti andavano nello Sheol, il Regno delle Ombre, dove il re conserva la sua corona, il soldato la spada, il profeta il suo mantello, ma tutto è evanescente, una realtà larvale. Qui per la prima volta affiora in modo chiaro la fede in una vita nell’aldilà.  Problema eterno, dove il pensiero e la fantasia dell’uomo si sono scatenati in mille ipotesi/risposte: Immortalità, risurrezione, reincarnazione, sopravvivenza dell’anima… Ognuno ha detto la sua: i viaggi nell’aldilà di Enea, di Orfeo e quanti altri personaggi fino a Dante… perché la questione brucia, l’aldilà è imprescindibile per dare un senso all’aldiquà.

Ebbene, secoli di filosofia e millenni di pensiero religioso a tutte le latitudini hanno tentato di dare spiegazioni, senza mai arrivare ad una certezza assoluta. Che cosa avviene all’uomo dopo la morte rimane di fatto un mistero.  Su che cosa si fonda dunque la speranza cristiana?

Prendiamo in esame le considerazioni di ordine naturale, che non sono da sottovalutare.  Dentro di noi c’è la percezione del bene e del male: di fronte ad un omicidio a scopo di rapina il comune senso morale esprime una condanna: questo è male. Poi possiamo fare mille distinguo, mille sfumature culturali, storiche etniche, tutto quello che volete.  Ma il comune senso morale dice che questo non va fatto, è male. Questo significa che noi siamo orientati verso il bene. Questo senso morale non è solo frutto di cultura o di educazione, è una cosa che ci troviamo dentro, insopprimibile.  Kant diceva: ” Due cose mi hanno sempre riempito di stupore: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.”

C’è inoltre in noi un istinto di sopravvivenza. Noi siamo orientati verso la vita: chi sta per affogare alza le braccia per aggrapparsi a qualcosa, se una macchina rischia di investirti, istintivamente ti scansi. Poi c’è anche l’aspirante suicida, ma in genere la gente vuole vivere e non morire. E inoltre abbiamo dentro di noi un istinto riproduttivo potente, che condividiamo con tutte le creature viventi;      e ancora una volta questo dice che siamo orientati verso la vita.  Certo che l’immortalità è un assurdo biologico, ma allora perché ritrovo in me la spinta verso il bene e la spinta verso la vita?  Come posso conciliare il bene e la vita con una morte che è la fine di tutto?

Qui c’è qualcosa che non quadra: o sono sbagliato io, o la morte non è quel che sembra.    Sono ragionamenti forse banali ma sufficienti quanto meno a farmi dubitare che la morte sia la fine di tutto.

Per i cristiani oltre a queste considerazioni, ci sono le parole di Gesù Cristo.   Gesù di cose giuste ne ha dette tante.  Quando diceva che l’alta società del suo tempo era ipocrita e corrotta, non si sbagliava.  Quando affermava che non è con la violenza che si risolvono i problemi, quando diceva che, se non accetti la croce che la vita ti porge, non vai da nessuna parte, era nel giusto.  Quanto ha avuto ragione, quando diceva che non puoi valutare gli uomini dalla grandezza del loro portafoglio ma dalla grandezza del loro spirito.       Ora, Gesù credeva in un Regno dei Cieli, che avrebbe accolto gli uomini di buona volontà dopo la loro morte.  Ne ha parlato molto a lungo, ha parlato di un giudizio finale, dove pecore e capre prenderanno strade diverse, ha parlato di un codice di valori per poter accedere a questo regno, ha parlato di un pane che dona la vita eterna…

Io credo a Gesù: ha azzeccato su molte cose, ha visto ben più in là di tutti gli altri, credo che abbia ragione anche su questo, io, cristiano, credo che il suo Regno dei Cieli ci sia davvero.

Certo, la fede è un salto nel buio, ma se Gesù mi garantisce che non cado nel nulla, questo salto lo faccio più volentieri.  Dopo tutto, come diceva san Paolo e dopo di lui il buon Lutero , sarà la fede a salvarci.

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