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“Il tempo dell’Apocalisse”

“Il tempo dell’Apocalisse”

Lettura di riferimento:

Ml 3,19-20a

Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.

Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.

Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

 

Riflessioni:

Malachia appartiene all’ultima generazione dei profeti, quelli che hanno aiutato la faticosa opera di ricostruzione dopo l’esilio. Dopo la distruzione di Gerusalemme operata da Nabucodonosor nel 586 gli ebrei erano stati deportati in esilio a Babilonia per due generazioni. Nel 538 una tribù tornò con l’intenzione di ricostruire il paese e ricominciare tutto da capo, cercando di evitare gli errori del passato. Ma così non fu. Cominciarono a costruire un nuovo tempio in sostituzione di quello che era stato demolito da Nabucodonosor, e solo più tardi riuscirono a ricostruire le mura della città. Il Tempio per loro era più importante delle mura, era il centro vitale del paese.

Noi facciamo fatica a capire, ma il Tempio era il Centro religioso ovviamente, ma anche culturale perché era la Università di allora, dove si studiava la legge; ma anche centro politico, di una politica purtroppo sempre molto meschina. E poi centro economico, era anche la banca nazionale, e infine la sede del grande mercato, dove avvenivano gli scambi internazionali fra popolo e popolo.  Malachia si accorge che il secondo tempio segue esattamente la via segnata dal primo, la stessa avidità di denaro e di potere, la stessa superficialità. Tutto l’intrigo della corruzione è tornato a rivivere in questo nuovo tempio, che proclamava di voler evitare gli errori del passato.

E allora Malachia lancia una profezia, il giorno di Jahwé, in cui anche il Tempio verrà distrutto per sempre. Dopo quattro secoli la profezia si è avverata. Quando Luca scrive il suo Vangelo, il Tempio non c’è più, distrutto dieci anni prima nel 70 ad opera dei soldati del generale Tito.

Possono stupire i toni apocalittici del discorso di Luca, ma per loro era veramente la fine di un mondo, più nulla poteva essere come prima. E’ stato come per noi le Torri Gemelle, da quel giorno più nulla è stato come prima, è cambiato il clima internazionale, oltre che l’economia, la sicurezza.

Quanto è lontana l’Apocalisse? Ovvero, quanto sono profonde le nostre radici in questo mondo?  Siamo solidamente ancorati alla terra oppure la nostra presenza qui è come le foglie d’autunno sui rami?   Le cose sopravvivono finché noi le amiamo; quando ci dimentichiamo di loro, le trascuriamo, queste muoiono.  Il mio gatto vive finché io lo amo: allora lo spulcio, gli do da mangiare delle cose buone, mi occupo della sua salute, lo tengo in casa al caldo e lui vive.  Quando invece non mi interessa più, mi infastidisce, lo metto fuori casa, non mi occupo di che cosa mangia, se è malato, lui muore.

Così il mio rapporto di coppia: finché io ci sto attento, lo coltivo, lo difendo, vive. Quando non mi interessa più la persona che ho vicino, il mio rapporto di coppia muore.  La democrazia, la salute: ciò che non è debitamente apprezzato, muore.

E per il mondo è la stessa cosa: finché noi amiamo questa nostra terra, la difendiamo, la curiamo, ci occupiamo di lei, la terra vivrà. Quando noi cominciamo a saccheggiarla, a sfruttarla senza criterio, a sporcarla, la terra morirà.  Ogni anno scompaiono migliaia di specie animali o vegetali a causa dell’inquinamento e della mancanza di habitat.  Un giorno tra queste specie ci saremo anche noi.

L’umanità sopravvivrà se saprà sviluppare una coscienza etica, cioè sarà capace di scegliere ciò che è bene per tutti e rifiutare ciò che è bene solo per qualcuno o per pochi, in sostanza se riusciremo a far prevalere l’interesse etico su quello politico economico.

L’unica arma contro lo strapotere del denaro è una forte coscienza etica fondata sui valori della convivenza. Questa coscienza fatica a formarsi perché oggi l’attenzione di tutti è rivolta quasi esclusivamente verso la tecnologia, ma non sarà la tecnologia a salvare il mondo.

L’uomo delle caverne produceva oggetti di pietra sempre più affilati, ma non è per questa strada che si è formata l’aggregazione umana, gli stati, i popoli. Ciò che ha fatto crescere l’uomo non è stata la sua tecnologia, ma la parola, la capacità di riconoscere in un altro essere un proprio simile e quindi il tentare di mettersi in contatto con lui in un rapporto non ostile.  Ciò che ha costruito la convivenza umana sono stati i valori etici: tu rispetti me e io rispetto te; io non ti aggredisco e tu non mi aggredisci, io rispetto le cose tue e tu rispetti le cose mie…

Questo manca e questo solo potrebbe arginare le speculazioni sulla salute, sull’ambiente, sul cibo ecc.  Il nostro è un mondo avanzatissimo sotto l’aspetto tecnologico ma ancora molto arretrato rispetto ai valori umani.  Dobbiamo recuperare il ritardo, se non vogliamo che questa nostra società faccia la fine del gatto abbandonato per strada.

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