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Chi siamo La Confraternita della Misericordia (CDM) nasce nel 1577 con le funzioni di una moderna Conferenza di S. Vincenzo. e dal 1678 il Santuario dell'Annunziata è sotto la sua cura e custodia. Ad oggi conta su 150 iscritti e attraverso la formazione di Gruppi di Volontariato è operativa sul territorio chierese a favore della Comunità.
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“Riprendiamoci il Natale”

“Riprendiamoci il Natale”

Prima Lettura

Voi siete mio gregge, io giudicherò tra pecora e pecora.

Dal libro del profeta Ezechièle
Ez 34,11-12.15-17

Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.

Vangelo

Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 25,31-46

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?. E il re risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?. Allora egli risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Riflessioni:

Ezechiele era un sacerdote, deportato a Babilonia e testimone dell’Esilio. Sapeva bene come tutti che il Tempio aveva delle gravi responsabilità nella caduta di Gerusalemme, lui poi era dentro l’istituzione e ne conosceva molto bene le ipocrisie e le avidità.
Leggendo questo capitolo 34 si può restare impressionati dalle pesanti e coloratissime accuse, che rivolge ai sacerdoti, ma la cosa veramente terribile è che lui, sacerdote, non riconosce nessun ruolo di salvezza al Tempio. Il Tempio non serve a nulla: Dio stesso in persona verrà a far da pastore al suo popolo.
Le circostanze storiche pesano molto su questa affermazione, perché il Tempio era diventato il cagnolino del re e dei ricchi, ed è per questo che Ezechiele non versa una lacrima sulla distruzione del Tempio.
E’ meglio così.
E poi questa pagina di Vangelo: Matteo si riferisce ad una situazione complessa. Il cristianesimo, al suo apparire sulla scena mondiale, aveva uno spessore culturale che aveva demolito la religione pagana classica, gli dèi della civiltà romana. Ma c’erano anche altre religioni e movimenti di pensiero, che in parte collimavano con il cristianesimo. La parola è difficile ma la realtà è comprensibile: lo gnosticismo.
Tu puoi arrivare a Dio direttamente attraverso la preghiera, la contemplazione, l’estasi mistica. Quando sei arrivato al rapimento mistico, il “rave”, tu sei a posto, hai raggiunto la piena conoscenza di Dio già su questa terra.
Alcune frange del cristianesimo erano state profondamente influenzate da questo pensiero: prega, canta, lasciati trascinare dell’emozione e Dio si rivelerà a te.
Matteo reagisce duramente a questa tendenza: non è la conoscenza di Dio che fa la differenza, ma la pietà.
Questa parabola è disarmante. I popoli divisi a destra e a sinistra come le pecore e le capre, non hanno riconosciuto Dio: tutti si domandano: quand’è che ti abbiamo visto affamato o assetato…
Nessuna differenza tra pecore e capre circa la conoscenza di Dio.
La differenza è nella solidarietà: tu mi hai dato da mangiare, tu invece mi hai lasciato andare a fondo.
Vedete: preghiera, sacramenti, mistica, contemplazione, sono tutte cose bellissime ma da sole non bastano. E’ come se io vi invitassi a cena, preparo con piatti di porcellana, posate d’argento e bicchieri di cristallo, ma se poi dentro questi piatti e questi calici non metto nulla, voi non andate via contenti.
Se dentro la mia fede non metto delle cose, dei contenuti, delle opere, la mia fede da sola non serve a niente, è solo una etichetta su un barattolo vuoto.
Quando il Papa e Lutero litigavano, Lutero diceva al Papa: “tu non hai fede, non preghi mai, credi di salvarti l’anima, mandando i missionari ad evangelizzare le Americhe, ma non ti salverai perché non hai fede”. E aveva ragione. Ma il Papa gli rispondeva: “tu, caro Lutero, puoi pregare cantare e saltare fin che vuoi, ma se non fai qualcosa per il tuo prossimo non ti salverai in barba alla tua fede”.
E aveva ragione anche lui.
Ultima domenica, comincia l’Avvento come tempo di preparazione interiore al Natale. E comincia anche per noi un periodo stressante: telefonate, visite, regali, feste. Ma perchè? Non riusciamo a dare un taglio a tutto questo?
Oggi in Europa la cultura dominante è quella anglosassone, fortemente influenzata dal pensiero materialista. La nascita di Gesù, e quindi la festa del Natale, di chiaro stampo cristiano, proprio non andava giù alla massoneria inglese ed americana, e così hanno inventato Babbo Natale, per distrarre, far dimenticare il senso religioso della festa e i valori che essa propone. E oggi lo vediamo.
Natale è diventata la festa di Babbo Natale, dei regali, dello shopping, del divertimento.
Facciamo festa, ma non sappiamo perché. (Sta accadendo la stessa cosa per la commemorazione dei defunti, trasformata in quella farsa grottesca di Halloween: anche qui c’è una precisa strategia in senso anti cristiano.)
Durante queste quattro settimane di Avvento rifletteremo sul senso profondo del Natale, Dio che si avvicina all’uomo per sorreggerlo nella sua lotta di liberazione dal male, per aiutarlo a conquistare un maggior livello di umanità. Proviamo a riprenderci il nostro Natale cristiano: il nostro sarà un cammino di silenzio, di riflessione e di preghiera, in aperto contrasto con il chiasso in cui saremo immersi, ma vedrete che ne varrà la pena.

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